Eucarestia: nome e natura

Parrocchia, 13/1/2011
L’Eucarestia: nome e natura
 
1.      Pluralità di nomi
                                   Molti nomi sono stati dati al sacramento istituito da Gesù nell’Ultima Cena in quanto presenta una moltitudine di aspetti.
Frazione del pane: tale nome designava il gesto caratteristico del capo della mensa, che acquistò un nuovo significato nella cena pasquale durante la quale il corpo di Cristo fu dato in nutrimento.
Luca, nella frazione del pane vede la presenza di Gesù che si offre nell’eucarestia( es. discepoli di Emmaus…)
Eucarestia: è più tradivo e si impose in riferimento alla preghiera di rendimento di grazie pronunciata da Gesù per la consacrazione del pane e del vino.
Cena: perché celebrata durante l’Ultima cena alla quale conferì un carattere definitivo.
Pasto del Signore: perché è il pasto lasciato dal Signore Gesù ai suoi discepoli.
Sinassi: si riferisce all’assemblea convocata per la celebrazione eucaristica e tende ad esprimere l’unità ideale della comunità, realizzata dall’eucarestia.
Memoriale: perché rende attuali nella vita della Chiesa la sua passione e resurrezione.
Liturgia santa, santi misteri: sono espressioni che fanno riconoscere nell’eucarestia la celebrazione liturgica per eccellenza, l’espressione più completa del mistero della salvezza.
Santo sacramento: indica più particolarmente il corpo e il sangue di Cristo resi presenti nella celebrazione.
Santo sacrificio: esprime in maniera più particolare il dono che rinnova per la Chiesa l’offerta sacrificale della croce.
Comunione: è usato per significare la partecipazione al pasto eucaristico
Messa o santa messa: è il termine che proviene dalla formula con la quale i fedeli ricevevano il commiato al termine della celebrazione.
Altre formule: pane del cielo, pane degli angeli, pane sovrasostanziale, viatico.
 
2. Affermazione del termine “Eucarestia”
 
                                   Nei racconti di Marco e di Matteo, la preghiera di Gesù per la consacrazione del pane è ricordata come preghiera di benedizione non del pane, ma sul pane.
Nel vocabolario religioso ebraico la benedizione significava:
a.      da una parte la benevolenza con la quale Dio colmava il popolo con i suoi benefici;
b.      dall’altra l’omaggio del popolo che benediceva Dio per quanto riceveva da lui.
Nell’Ultima Cena si parla già di “eucarestia”: ….dopo aver reso grazie” (eucharistèsas).
In seguito la Didachè chiama “eucarestia” anche il rito nel suo insieme e non solo la preghiera di rendimento di grazie pronunciata da Gesù.
Più tardi S. Giustino usa solo il termine “eucharistein” nel ricordare il comando dato da Gesù ai discepoli durante l’Ultima Cena.
 
3.Il rendimento di grazie nella vita di Gesù
                                                                          L’atteggiamento di gratitudine era una disposizione peculiare della vita di Gesù, che si era sviluppata e manifestata nel corso della sua vita pubblica.
 
 
 
 
a.      L’inno di giubilo
             In questo inno Gesù volle rendere omaggio al Padre per la rivelazione riservata ai piccoli: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai piccoli…..”
(Lc. 10, 21).
b.      La resurrezione di Lazzaro
              Nella resurrezione di Lazzaro è l’occasione per una preghiera di rendimento di grazie che conferma l’importanza di tale disposizione nella vita intima di Gesù: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato” (Gv. 11, 41). Gesù vuol sottolineare che tutto deriva da un gesto sovrano del Padre, tutto è ricevuto da Lui.
In un certo modo, nella resurrezione di Lazzaro Gesù anticipa il rendimento di grazie per la sua stessa resurrezione, che non potrà essere pronunciato perché Cristo risorto si troverà nello stato di vita celeste.
 
Al momento dell’istituzione
        Con il discorso, riportato da Gv., che Gesù pronuncia durante l’ultima cena, Cristo sottolinea alcune cose importanti:
-          la consapevolezza di aver ricevuto tutto dal Padre, quindi lo ringrazia perché conosce ciò che ha ricevuto;
-          sa che è venuto dal Padre e sta per tornare a Lui e la consapevolezza e la volontà di tornare al Padre lo spingono al rendimento di grazie;
-          la sua gratitudine al Padre è espressa sotto forma di un’offerta totale, infatti è un’offerta che gli permette, nell’eucarestia, di fare il dono della propria carne e del suo sangue, di rendersi nuovo presente tra gli uomini.
 
Con la preghiera di ringraziamento, in occasione dell’istituzione dell’eucarestia, Gesù manifesta la sua ultima disposizione interiore, sviluppata durante tutta la vita terrena.
Nel rendimento di grazie di Gesù dobbiamo riconoscere anche la presenza dello Spirito Santo, che secondo Luca è Lui che suscita tanto entusiasmo nella preghiera di Gesù verso il Padre.
E’ lo Spirito che unisce il Figlio al Padre, che anima lo slancio filiale con il quale il Figlio incarnato fa al Padre l’omaggio della sua persona.
 
1.      Il rendimento di grazie nella vita cristiana
                                                                             L’intenzione di Gesù fu quella di sviluppare nella sua Chiesa un clima di rendimento di grazie, infatti la celebrazione eucaristica deve favorire nei partecipanti la disposizioni di gratitudine. Il Cristo dell’Ultima Cena vuole aiutare i credenti a scoprire una benevolenza divina che non cessa di colmare gli uomini dei suoi doni, troppo spesso ignorati e poco apprezzati. Sviluppa, cioè, uno sguardo “eucaristico”.
Questo sguardo libera lo spirito umano dall’ossessione che può creare la constatazione di ogni sorta di male; non consente al cuore di lasciarsi imprigionare o paralizzare dalle forze del male che si manifestano nelle relazioni sociali.
            Solo lo sguardo “eucaristico”(di ringraziamento) fa scoprire l’immensità dell’amore divino che vince tutte le forze del male, fa stare, cioè, in un atteggiamento ottimistico.
 
Gesù realmente presente secondo le sue parole
 
La realtà del corpo e del sangue
L’eucarestia impone la necessità di credere ciò che non si vede, infatti l’affermazione della presenza del corpo e del sangue può essere accettata solo attraverso un’adesione di fede.
Ma cosa significa presenza reale?
 
Affermazione di realtà
            Molto probabilmente Gesù ha usato il termine “carne” che è il termine usato come binomio con “sangue”, ciò lo troviamo anche in Gv. 6,53;
L’espressione “la carne del Figlio dell’uomo” ha un particolare sapore semitico che ci porta più chiaramente al linguaggio di Gesù., dal momento che Gesù aveva l’abitudine di designare se stesso come il Figlio dell’uomo quando voleva esprimere la sua origine divina e la sua missione.
“Mangiare la mia carne” e “Bere il mio sangue” corrisponde alle parole: “Mangiate: questo è il mio corpo; bevete: questo è il mio sangue”.
Questo uso del termine “carne” nella formula della consacrazione è implicito anche nella dichiarazione: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Si tratta del “pane vivo disceso dal cielo”, che è Gesù stesso. Pane è usato come sinonimo di nutrimento.
La carne di Cristo è data in cibo in virtù del sacrificio offerto per il mondo.
La carne era la stessa che Gesù aveva ricevuto da sua madre. Dicendo la “la mia carne”, era cosciente di rendere all’umanità ciò che la Vergine gli aveva dato al momento della nascita.
E’ una carne che ha un’origine assolutamente pura, una carne che discende dal cielo per restaurare la carne di tutti gli uomini.
 
Presenza personale
            Il termine “carne” è usato per significare tutta la persona, anche se vista sotto un aspetto di debolezza.
Salmo 63, 2: …di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne.
Salmo 84, 3: ……il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente.
Gesù dicendo “Questa è la mia carne” sembra che volesse esprimere un coinvolgimento di tutta la sua persona, il dono che fa di stesso dando la sua carne in nutrimento.
Mangiare la carne di Cristo, è mangiare lui stesso, proprio perché il dono del suo corpo comporta il dono della sua persona, infatti nelle parole d’annuncio dell’eucarestia si trovano espressioni equivalenti: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue” (Gv. 6, 54) e “Chi mangia di me” (Gv. 6, 57) > in questo modo Gesù dimostra fino a che punto spinge l’abbassamento e il servizio, facendosi nutrimento di coloro ai quali vuole comunicare la sua vita.
Chiama se stesso “pane del cielo”, pane di Dio”, “colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”
Questo dono del cibo coincide con il dono della persona, perché è il pane dato dal Padre, e questo pane è il Figlio dell’uomo che lo dona.