Il Linguaggio della Celebrazione Liturgica

Catechesi

Parrocchia, 9/2/2012
Catechesi tenute da P. Leonardo in preparazione al Congresso Eucaristico Diocesano di giugno.
 
TERZA CATECHESI 
 
 
IL LINGUAGGIO DELLA CELEBRAZIONE LITURGICA
 
Ars celebrandi” > per una fruttuosa partecipazione alla celebrazione
                                  Eucaristica”
 
L’ Esortazione Apostolica Sacramentum caritatis di Benedetto XVI al riguardo dice “Altrettanto importante per una giusta ars celebrandi è l'attenzione verso tutte le forme di linguaggio previste dalla liturgia: parola e canto, gesti e silenzi, movimento del corpo, colori liturgici dei paramenti. La liturgia, in effetti, possiede per sua natura una varietà di registri di comunicazione che le consentono di mirare al coinvolgimento di tutto l'essere umano. La semplicità dei gesti e la sobrietà dei segni posti nell'ordine e nei tempi previsti comunicano e coinvolgono di più che l'artificiosità di aggiunte inopportune. L'attenzione e l'obbedienza alla struttura propria del rito, mentre esprimono il riconoscimento del carattere di dono dell'Eucaristia, manifestano la volontà del ministro di accogliere con docile gratitudine tale ineffabile dono” (n. 40).
 
Cos’è la liturgia? > è le fede celebrata
 
Un ritratto sintetico dell’essenza della liturgia

E’ necessario illustrare  alcuni tratti distintivi che caratterizzano l’essenza della liturgia facendo riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica, quale sintesi attualmente più autorevole, anche per quanto attiene alla liturgia, dell’insegnamento del Concilio Vaticano II e del magistero successivo, presentato e interpretato in un rapporto di sviluppo nella continuità con la grande tradizione ecclesiale dei secoli precedenti.
Vale la pena, al riguardo, citare i numeri del testo del Catechismo in merito alla liturgia, intesa come opera della Santa Trinità.

1110. Nella Liturgia della Chiesa Dio Padre è benedetto e adorato come la sorgente di tutte le benedizioni della creazione e della salvezza, con le quali ci ha benedetti nel suo Figlio, per donarci lo Spirito dell’adozione filiale.

1111. L’opera di Cristo nella Liturgia è sacramentale perché il suo Mistero di salvezza vi è reso presente mediante la potenza del suo Santo Spirito; perché il suo Corpo, che è la Chiesa, è come il sacramento (segno e strumento) nel quale lo Spirito Santo dispensa il Mistero della salvezza; perché, attraverso le sue azioni liturgiche, la Chiesa pellegrina nel tempo partecipa già, pregustandola, alla Liturgia celeste.

1112. La missione dello Spirito Santo nella Liturgia della Chiesa è di preparare l’assemblea a incontrare Cristo; di ricordare e manifestare Cristo alla fede dell’assemblea; di rendere presente e attualizzare, con la sua potenza trasformatrice, l’opera salvifica di Cristo, e di far fruttificare il dono della comunione nella Chiesa.

Tenendo presente questa bella sintesi formulata dal Catechismo e senza perdere di vista quanto affermato nello stesso Catechismo nelle sue altre parti riguardanti la celebrazione del mistero cristiano, intendo  illustrare quei tratti distintivi  che caratterizzano l’essenza della liturgia della Chiesa.
 
a.    La Liturgia è opera di Cristo: è Cristo, il Vivente, che continua la sua azione salvifica nella Chiesa, comunicando la sua vita, che è grazia e anticipo di eternità. Nella risposta al “Mistero della fede” (Annunciamo la tua morte….) ritroviamo i tre momenti propri di ogni celebrazione sacramentale: la memoria del passato evento salvifico, la presente azione di grazia nella celebrazione,l’anticipazione della gloria futura. La Liturgia della Chiesa ricorda al popolo di Dio, radunato per la celebrazione dei divini misteri, la presenza fondamentale del grande Protagonista. Basti pensare al saluto liturgico “Il Signore sia con voi”: all’inizio, prima della proclamazione del Vangelo, all’inizio della preghiera eucaristica e prima della benedizione finale.
 
b.    La liturgia è azione della Chiesa: n. 36 di S.C. “La bellezza intrinseca della liturgia….” Nella liturgia la Chiesa si manifesta e si rende presente nella misura in cui si vive la comunione con la Chiesa intera, quella Chiesa che è cattolica, universale…Essenza della liturgia > deve avere il carattere della cattolicità, dove unità e varietà si compongono in armonia così da formare una realtà sostanzialmente unitaria, pur nella legittima diversità delle forme. In questo modo si evita l’arbitrarietà di consegnare alla soggettività del singolo o del gruppo ciò che invece appartiene a tutti come tesoro ricevuto, da custodire e trasmettere. La liturgia della Chiesa è quello spazio umano e spirituale nel quale il cielo si affaccia sulla terra. (Pregh. Euc.I) La liturgia della Chiesa esige partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa. E ciò è possibile se si realizza un’autentica comunione del fedele con l’agire della Chiesa e l’agire di Cristo.
a.     Qual è l’agire della Chiesa? > è l’agire della sposa che tende a diventare un’unica realtà con Xto sposo e con il suo agire;
b.    Qual è l’agire di Xto? >la sua offerta d’amore al Padre per la nostra salvezza.
La partecipazione attiva, consapevole e fruttuosa in liturgia si ha quando condividiamo l’azione della Chiesa che tende allo Sposo e ci lasciamo coinvolgere dall’azione dello Sposo che è donazione d’amore al Padre per la salvezza del mondo.
 
N.B. Importanza del canto e della musica.

Dice il salmista: “Un canto di lode mi onora, ed esso è la via per la quale mostrerò la salvezza di Dio” (Sal 49, 23). E così commenta san Gregorio Magno: “Ciò che in latino suona salutare, salvezza, in ebraico si dice Gesù. Nel canto di lode perciò viene creata una via di accesso, per la quale Gesù può rivelarsi, poiché quando mediante il canto dei Salmi viene riversata in noi la vera contrizione, si apre in noi una strada che conduce nel profondo del cuore, alla fine della quale si giunge a Gesù…” (In Ez I hom. I, 15).

Così il canto e la musica in liturgia, quando si esprimono secondo la verità del loro essere, nascono dal cuore che ricerca il mistero di Dio e diventano un’esegesi dello stesso mistero, della Parola fatta carne per la nostra salvezza. Pertanto c’è un legame intrinseco tra la parola, la musica e il canto nella celebrazione liturgica. Musica e canto, infatti, non possono essere slegati dalla parola, quella di Dio, della quale invece devono essere interpretazione fedele, svelamento comprensibile all’animo credente. Il canto e la musica in liturgia non dovrebbe mai essere consegnati all’estemporaneità di sentimenti superficiali e di emozioni passeggere non rispondenti alla grandezza del mistero celebrato. Questa è la grande dignità del canto e della musica in liturgia, dove la semplicità non può in alcun modo fare rima con banalità o solo con mera utilità.

E’ giusto, quindi affermare che il canto e la musica in liturgia nascono dalla preghiera e portano alla preghiera, permettendo a noi di esprimerci con il linguaggio autentico della liturgia. In tal modo il canto diventa una via privilegiata di legame tra cielo e terra, di esperienza di comunione tra la Chiesa pellegrina e la Gerusalemme celeste, tra il mondo degli uomini e il mondo di Dio.
 
c.    La liturgia è preghiera adorante “La vera azione liturgica, il vero atto liturgico è la oratio: la grande preghiera che costituisce il nucleo della celebrazione liturgica. La solenne preghiera eucaristica, il canone, è actio nel senso più alto del termine. In esso accade che l’actio umana passa in secondo piano e lascia spazio all’actio divina, all’agire di Dio” (Benedetto XVI). Infatti l’essenziale in ogni liturgia cristiana è l’agire di Dio in Cristo, ovvero quell’atto pregato mediante il quale il Signore offre la vita al Padre per la salvezza del mondo. Soltanto nella preghiera si realizza l’atto sacerdotale della consacrazione che diventa trasformazione, transustanziazione dei nostri doni di pane e vino in Corpo e Sangue di Cristo. La Liturgia è adorazione in quanto rende presente in modo sacramentale il sacrificio della Croce nel quale Gesù ha reso gloria al Padre con il suo “si”, segno di un amore condotto “fino alla fine”, adorazione radicale di Dio e della sua volontà. Così la liturgia è preghiera in quanto preghiera di Cristo rivolta al Padre nello Spirito, perché accolga il suo sacrificio. Se la liturgia è preghiera adorante, ciò significa che quando è ben celebrata con il linguaggio che le è proprio deve prevedere una felice alternanza di silenzio e di parola.
1.    Il sacro silenzio:educare all’interiorizzazione, imparare l’arte del silenzio…..Il sacro silenzio fa parte della celebrazione.
-         il silenzio aiuta il raccoglimento > durante l’atto penitenziale e dopo l’invito alla preghiera;
-         il silenzio è un richiamo > a meditare brevemente ciò che si è ascoltato (dopo la lettura o l’omelia);
-         il silenzio favorisce > la preghiera interiore di lode e supplica dopo la comunione.
N.B. Il silenzio, quindi, non è una pausa, bensì un vero e proprio momento rituale, complementare alla parola, alla preghiera vocale, al canto, al gesto….
Ecco il motivo per cui il popolo di Dio orante segue in silenzio la preghiera eucaristica: “ La preghiera eucaristica esige che tutti l’ascoltino con riverenza e silenzio”
 
2.    L’adorazione: Tutto nel linguaggio dell’azione liturgica deve condurre all’adorazione: musica, canto, silenzio, la gestualità…Soprattutto lo stare in ginocchio: noi sappiamo che il Signore ha pregato stando in ginocchio (Lc. 22,41), che Stefano (At. 7,60), Pietro (At.9,40 e Paolo (At. 20,36) hanno pregato in ginocchio. Mettersi in ginocchio è imitare l’atteggiamento di colui che “era uguale a Dio” ed “ha umiliato se stesso fino alla morte”.
Agostino dice: “Nessuno mangia questa carne senza prima adorarla: peccheremmo se non la adorassimo”.
 Ricevere l’Eucarestia significa porsi in atteggiamento di adorazione verso  colui che riceviamo.  Nell’Eucaristia, infatti, il Figlio di Dio ci viene incontro e desidera unirsi a noi; l’adorazione eucaristica non è che l’ovvio sviluppo della celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto d’adorazione della Chiesa. Ricevere l’Eucaristia significa porsi in atteggiamento di adorazione verso Colui che riceviamo. Proprio così e soltanto così diventiamo una cosa sola con Lui e pregustiamo in anticipo, in qualche modo, la bellezza della liturgia celeste” (n. 66).
Qualcuno potrebbe riscontrare una contraddizione tra il gesto del mettersi in ginocchio e quello dell’incedere processionalmente. In verità non vi sono motivi per riscontrare alcuna contraddizione. Infatti la Chiesa che, nel segno esteriore, si dirige in processione verso il Signore è la stessa Chiesa che, sempre nel segno esteriore, alla sua presenza, si inginocchia e adora.