Omelia del Papa Notte di Natale
Natale
Parrocchia, 25/12/2018
S. Messa della Notte
«Stanotte, anche noi saliamo a Betlemme per scoprirvi il mistero del Natale…».
Nella notte di Natale, il Papa riflette su quella svolta della storia > «Betlemme: il nome significa “casa del pane”. In questa “casa” il Signore dà oggi appuntamento all’umanità. Egli sa che abbiamo bisogno di cibo per vivere. Ma sa anche che i nutrimenti del mondo non saziano il cuore».
Nella Scrittura il peccato originale è associato al frutto proibito, al prendere cibo: «Prese e mangiò. L’uomo è diventato avido e vorace. Avere, riempirsi di cose pare a tanti il senso della vita.
Un’insaziabile ingordigia attraversa la storia umana, fino ai paradossi di oggi, quando pochi banchettano lautamente e troppi non hanno pane per vivere».
Nella «casa del pane», invece, «Dio nasce in una mangiatoia, come a dirci: eccomi a voi, come vostro cibo. Non prende, offre da mangiare; non dà qualcosa, ma dà se stesso».
Così «il corpicino del Bambino di Betlemme lancia un nuovo modello di vita: non divorare e accaparrare, ma condividere e donare». «Dio si fa piccolo per essere nostro cibo. Nutrendoci di Lui, Pane di vita, possiamo rinascere nell’amore e spezzare la spirale dell’avidità e dell’ingordigia.
Dalla “casa del pane”, Gesù riporta l’uomo a casa, perché diventi familiare del suo Dio e fratello del suo prossimo». Davanti alla mangiatoia, insomma, «capiamo che ad alimentare la vita non sono i beni, ma l’amore; non la voracità, ma la carità; non l’abbondanza da ostentare, ma la semplicità da custodire».
A Betlemme, «Se la accogliamo, la storia cambia a partire da ciascuno di noi»: «Chiamati stanotte a salire a Betlemme, casa del pane, chiediamoci: qual è il cibo della mia vita, di cui non posso fare a meno? Poi, entrando nella grotta, scorgendo nella tenera povertà del Bambino una nuova fragranza di vita, quella della semplicità, chiediamoci: ho davvero bisogno di molte cose, di ricette complicate per vivere? Chiediamoci: a Natale spezzo il mio pane con chi ne è privo?» Betlemme, infine, «è il rimedio alla paura, perché nonostante i “no” dell’uomo, lì Dio dice per sempre “sì”: per sempre sarà Dio-con- noi. E perché la sua presenza non incuta timore, si fa tenero bambino».
Nella notte di Natale i pastori vegliano: «La nostra vita può essere
a.Un’attesa, che anche nelle notti dei problemi si affida al Signore e lo desidera; allora riceverà la sua luce.
b.Oppure una pretesa, dove contano solo le proprie forze e i propri mezzi; ma in questo caso il cuore rimane chiuso alla luce di Dio».
Ma non è un’attesa inerte: «Il Signore ama essere atteso e non lo si può attendere sul divano, dormendo. I pastori si muovono: “andarono senza indugio”. Stanotte siamo chiamati a rispondere, a dirgli anche noi: “Ti amo”. La risposta di ciascuno è essenziale per il gregge intero».
"Betlemme è la svolta per cambiare il corso della storia", ha indicato il pontefice. Andare dunque a Betlemme, andare incontro a Dio: questo l'invito del pontefice. "La strada, anche oggi, è in salita: va superata la vetta dell'egoismo, non bisogna scivolare nei burroni della mondanità e del consumismo. Voglio arrivare a Betlemme, Signore, perché è lì che mi attendi. E accorgermi che Tu, deposto in una mangiatoia, sei il pane della mia vita. Ho bisogno della fragranza tenera del tuo amore per essere, a mia volta, pane spezzato per il mondo".